CAPRICCI, IL CONFINE TRA BUON SENSO E PREGIUDIZI.
Oggi voglio parlare di capricci ma andando un pò controcorrente. Di articoli e video in cui si dice come affrontarli ne è pieno il web, così come di libri e programmi salvataggio tipo “sos tata”.
Tranquilla e fiduciosa nel sapere che la maggior parte di voi abbia una buona cultura su questo, voglio affrontare il tema portando idee ricorrenti che, nel lavoro con i genitori, mi vengono dette sui capricci. Lo scopo di questo è condividere con voi un punto di vista diverso affinché possa essere da stimolo ad una visione alternativa.
1.“IL CAPRICCIO E’ UN PROBLEMA”
Il capriccio vincola la vostra vita, le uscite e il tempo a disposizione. Nel dizionario dei genitori alla voce capriccio troviamo una definizione che cita più o meno questo: “il capriccio è quell’agito fatto in un momento inopportuno, senza motivo con lo scopo di creare difficoltà e aumentare il nervoso dei genitori”. Purtroppo non vi consolerà sapere che l’unico problema causato da un capriccio è il vostro. Nel bambino infatti, come avrete potuto notare in diverse occasioni, non appare nessun tipo di difficoltà nel rendere chiara la sua manifestazione. Perciò che il capriccio sia un problema è FALSO! La vera questione è che il capriccio è fastidioso, per lo meno per i genitori e per chi si trova vicino al bambino in quel momento.
2. “SE MIO FIGLIO FA I CAPRICCI, HA UN PROBLEMA”
Davanti ad un’affermazione come questa Michael Potegal afferma «Se venite nel mio studio a dirmi che vostro figlio di 2 anni fa i capricci, l’unica diagnosi che posso fare è dire che vostro figlio ha in effetti 2 anni. Non c’è altro che si può aggiungere».
Il capriccio è infatti una modalità che il bambino usa per imparare ad individualizzarsi e per “testare” i limiti dei genitori. Contrariamente a ciò che si pensa, fare i capricci è sano e naturale, anzi sarebbe da approfondire se ciò non accadesse.
3.“AI MIEI TEMPI DUE SCULACCIONI E VIA”
Diverse volte alcuni genitori mi dicono che “ai loro tempi” non c’era modo di fermarsi ad ascoltare i bisogni e “robe di questo tipo” e che con due sculaccioni il capriccio veniva interrotto all’istante.
Tornando a ciò che dicevo all’inizio, il fatto che il figlio smetta di fare i capricci è funzionale per il tempo dei genitori, non del piccolo. Lo sculaccione (soprattutto come evento ripetuto nel tempo) aumenta la rabbia e soffoca ciò che il bambino vi sta chiedendo. Oltre a questo accade di frequente che, dopo aver dato uno sculaccione, il genitore provi senso di colpa e frustrazione per averlo fatto. Conviene a questo punto cercare un’altra strategia.
4. “VUOI LA GUERRA? QUESTA VOLTA VINCO IO”
Ultimamente gira su internet un video (pubblicitario) di una mamma che al supermercato, davanti al suo bambino capriccioso, improvvisamente si butta per terra e comincia anche lei a fare i capricci. L’espressione attonita del bambino (per non parlare di quella sul carrello) che riposa il pacchetto, fa certamente sorridere. (se non l’avete visto ecco il link ). Al sorriso si può accompagnare anche l’idea che un metodo di questo tipo possa davvero servire. Attenzione però perché, come ogni pubblicità che si rispetti, non rappresenta davvero la realtà.
Il bambino “capriccioso” ha BISOGNO di un genitore che lo accolga ma che lo contenga. Se ciò non accade il rischio è di trasmettere un modello sfidante e a sua volta “bambino” da cui non poter trarre “consolazione” e contenimento. C’è tempo per ogni cosa e il bambino capriccioso svolge correttamente il suo compito, il genitore capriccioso no.
A questo punto ci si può chiedere. Ok lo sculaccione non va bene, la ribellione neanche, il capriccio serve ma... cosa dobbiamo fare?
Gli ingredienti fondamentali nella gestione del capriccio sono:
Dal momento in cui il bambino fa i capricci la prima cosa che è opportuno chiedersi è
“Cosa vuole dirmi facendo così?”
I bambini 0-3 anni e 4-6 anni non hanno ancora sviluppato la possibilità e la capacità di comunicare e trasmettere chiaramente ciò di cui hanno più bisogno. Esistono delle fasi naturali in cui il bambino regredisce, come all’arrivo di un fratellino o durante l’inserimento al nido, proprio perchè in QUEL MOMENTO sente più bisogno di rassicurarsi di fronte ad un cambiamento importante.
Punirlo o non ascoltarlo svaluta ciò che prova e che sente.
Un buon riconoscimento emotivo, farà da base a voi e a lui. (Per approfondire l’argomento vi invito a rileggere l’articolo sui Bisogni).
Tranquilla e fiduciosa nel sapere che la maggior parte di voi abbia una buona cultura su questo, voglio affrontare il tema portando idee ricorrenti che, nel lavoro con i genitori, mi vengono dette sui capricci. Lo scopo di questo è condividere con voi un punto di vista diverso affinché possa essere da stimolo ad una visione alternativa.
1.“IL CAPRICCIO E’ UN PROBLEMA”
Il capriccio vincola la vostra vita, le uscite e il tempo a disposizione. Nel dizionario dei genitori alla voce capriccio troviamo una definizione che cita più o meno questo: “il capriccio è quell’agito fatto in un momento inopportuno, senza motivo con lo scopo di creare difficoltà e aumentare il nervoso dei genitori”. Purtroppo non vi consolerà sapere che l’unico problema causato da un capriccio è il vostro. Nel bambino infatti, come avrete potuto notare in diverse occasioni, non appare nessun tipo di difficoltà nel rendere chiara la sua manifestazione. Perciò che il capriccio sia un problema è FALSO! La vera questione è che il capriccio è fastidioso, per lo meno per i genitori e per chi si trova vicino al bambino in quel momento.
2. “SE MIO FIGLIO FA I CAPRICCI, HA UN PROBLEMA”
Davanti ad un’affermazione come questa Michael Potegal afferma «Se venite nel mio studio a dirmi che vostro figlio di 2 anni fa i capricci, l’unica diagnosi che posso fare è dire che vostro figlio ha in effetti 2 anni. Non c’è altro che si può aggiungere».
Il capriccio è infatti una modalità che il bambino usa per imparare ad individualizzarsi e per “testare” i limiti dei genitori. Contrariamente a ciò che si pensa, fare i capricci è sano e naturale, anzi sarebbe da approfondire se ciò non accadesse.
3.“AI MIEI TEMPI DUE SCULACCIONI E VIA”
Diverse volte alcuni genitori mi dicono che “ai loro tempi” non c’era modo di fermarsi ad ascoltare i bisogni e “robe di questo tipo” e che con due sculaccioni il capriccio veniva interrotto all’istante.
Tornando a ciò che dicevo all’inizio, il fatto che il figlio smetta di fare i capricci è funzionale per il tempo dei genitori, non del piccolo. Lo sculaccione (soprattutto come evento ripetuto nel tempo) aumenta la rabbia e soffoca ciò che il bambino vi sta chiedendo. Oltre a questo accade di frequente che, dopo aver dato uno sculaccione, il genitore provi senso di colpa e frustrazione per averlo fatto. Conviene a questo punto cercare un’altra strategia.
4. “VUOI LA GUERRA? QUESTA VOLTA VINCO IO”
Ultimamente gira su internet un video (pubblicitario) di una mamma che al supermercato, davanti al suo bambino capriccioso, improvvisamente si butta per terra e comincia anche lei a fare i capricci. L’espressione attonita del bambino (per non parlare di quella sul carrello) che riposa il pacchetto, fa certamente sorridere. (se non l’avete visto ecco il link ). Al sorriso si può accompagnare anche l’idea che un metodo di questo tipo possa davvero servire. Attenzione però perché, come ogni pubblicità che si rispetti, non rappresenta davvero la realtà.
Il bambino “capriccioso” ha BISOGNO di un genitore che lo accolga ma che lo contenga. Se ciò non accade il rischio è di trasmettere un modello sfidante e a sua volta “bambino” da cui non poter trarre “consolazione” e contenimento. C’è tempo per ogni cosa e il bambino capriccioso svolge correttamente il suo compito, il genitore capriccioso no.
A questo punto ci si può chiedere. Ok lo sculaccione non va bene, la ribellione neanche, il capriccio serve ma... cosa dobbiamo fare?
Gli ingredienti fondamentali nella gestione del capriccio sono:
- SICUREZZA (Qualsiasi cosa succeda, esserci)
- CONTENIMENTO (Se piange, consolarlo)
- ACCOGLIMENTO (Riconoscere l’emozione)
- ASCOLTO (Capire e ascoltare cosa sta succedendo)
Dal momento in cui il bambino fa i capricci la prima cosa che è opportuno chiedersi è
“Cosa vuole dirmi facendo così?”
I bambini 0-3 anni e 4-6 anni non hanno ancora sviluppato la possibilità e la capacità di comunicare e trasmettere chiaramente ciò di cui hanno più bisogno. Esistono delle fasi naturali in cui il bambino regredisce, come all’arrivo di un fratellino o durante l’inserimento al nido, proprio perchè in QUEL MOMENTO sente più bisogno di rassicurarsi di fronte ad un cambiamento importante.
Punirlo o non ascoltarlo svaluta ciò che prova e che sente.
Un buon riconoscimento emotivo, farà da base a voi e a lui. (Per approfondire l’argomento vi invito a rileggere l’articolo sui Bisogni).
Dott.ssa Antinoro Anna
Psicologa - Psicoterapeuta Analitico Transazionale
Esperta DSA, infanzia, adolescenza – Formatrice
Psicologa - Psicoterapeuta Analitico Transazionale
Esperta DSA, infanzia, adolescenza – Formatrice
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